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Dio presso i popoli prearî dell'Egeo era conosciuto già da tempo immemorabile come forza spirituale. Secondo il Picard, ciò è provato - sopratutto per Creta - dalla frequenza dei simboli, per mezzo dei quali il divino era rappresentato in modo che gli dèi potevano restare, se lo volevano, invisibili e presenti. Il polisimbolismo di Creta infatti non va interpretato come una rappresentazione aniconica della divinità, perché, al contrario, è da riconoscere che gli abitanti di quella terra hanno, «per così dire, raddoppiato le rappresentazioni iconiche degli dèi col parallelismo dei simboli», i quali pertanto sono manifestazione di uno sforzo per trascendere nello spirito il dato della natura. Dio fu poi approfondito nel suo mistero per l'improvviso operare di una genialità ragionante e analitica che una nuova stirpe illuminava davanti al mondo. Questa, da una concezione vaga e indistinta, faceva balzare con lo scalpello mosso da vivida energia creatrice forme infinite e luminose che penetravano nella realtà delle cose e che, riflesso di un'esperienza ormai matura, infondevano a queste la vita.